venerdì 21 agosto 2009

Dlgs 106/2009 - Niente appalti pubblici per chi non è in regola con la sicurezza del lavoro

Fonte: Il Sole 24 Ore

Il ricorso al lavoro irregolare e la non osservanza delle norme di sicurezza, comportano non solo la sospensione dell'attività (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri) ma anche l'interdizione dalla contrattazione con le pubbliche amministrazioni e alla partecipazione alle gare pubbliche.

La procedura viene attivata a seguito del provvedimento di sospensione, adottato dal l'organo di vigilanza, che deve essere tempestivamente comunicato da quest'ultimo al l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (articolo 6 del decreto legislativo 163/2006, Codice degli appalti) nonché al ministero delle Infrastrutture. Toccherà poi allo stesso ministero emanare il provvedimento interdittivo.

La rimodulazione
A differenza di quanto già a suo tempo disposto dall'originario articolo 14 del decreto legislativo n. 81/08, con l'articolo 11 del decreto legislativo n. 106/09, correttivo del testo unico, da oggi in vigore, l'intervento interdittivo è rimodulato tenendo conto della gravità delle violazioni sia per il lavoro irregolare che per le violazioni in materia di sicurezza.

La durata del provvedimento di interdizione è ora pari alla durata della sospensione adottata dall'organo di vigilanza nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia inferiore al 50% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro. Nel caso in cui la percentuale sia uguale o superiore al 50%, o nei casi di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero nei casi di recidiva, la durata è incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della durata della sospensione e, comunque, non superiore a due anni.

Poiché il provvedimento di sospensione in materia di sicurezza si applica sempre in caso di gravi e "reiterate" violazioni, ne deriva che la durata della interdizione in queste ipotesi sarà sempre incrementata del l'ulteriore periodo. Nel caso in cui non sia intervenuta la revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi dalla data della sua emissione – il che lascerebbe supporre la permanenza delle situazioni di irregolarità – la durata del provvedimento di interdizione è pari a due anni, fatta salva l'adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata dell'interdizione a seguito dell'acquisizione della revoca della sospensione.

I procedimenti
Per l'attuazione di questa procedura il ministero delle Infrastrutture già a suo tempo, per rendere operativo l'articolo 36-bis del Dl 223/2006, che aveva introdotto il provvedimento in questione, con la circolare n. 1733/2007 aveva individuato, per la materia, una struttura a livello centrale nella Direzione generale per la regolazione e a livello territoriale nei provveditorati regionali e interregionali alle opere pubbliche.

Fu così stabilito che ciascun provveditorato competente per territorio, dopo aver ricevuto il provvedimento di sospensione dell'attività, emesso dall'organo di vigilanza, dovesse attivare – nel rispetto delle garanzie e delle prerogative previste dalla normativa vigente, anche mediante comunicazione dell'avvio del procedimento, o eventuale partecipazione del destinatario – un procedimento volto alla predisposizione di una relazione illustrativa sintetica recante gli elementi essenziali per l'emanazione del provvedimento interdittivo.

Il principio della partecipazione evocato dalla circolare, non si ritiene, però, più applicabile posto che l'articolo 14, anche nella versione corretta, stabilisce che «ai provvedimenti del presente articolo (sospensione e interdizione) non si applicano le disposizione di cui alla legge n. 241/1990». La relazione sarà trasmessa perciò alla Direzione generale per la regolazione, ai fini dell'adozione del provvedimento. Il procedimento predisposto dalla struttura decentrata dovrà essere di norma concluso entro 45 giorni dal ricevimento del provvedimento di sospensione.

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