martedì 2 marzo 2010

Cassazione Penale, Sez. 4, 04 febbraio 2010, n. 4917 - Mancata segnalazione al RSPP

Infortunio a dipendente della società CO.SE.ME. S. r. I..

P.M., durante il turno di lavoro notturno (22,00-6,00), mentre era intento alle operazioni di pulizia all'interno di un silo contenente grano in fase di svuotamento era venutosi a trovarsi disteso sulla superficie granaria sulla quale si muoveva, e, non percependo il progressivo assorbimento del suo corpo all'interno della massa di grano, era rimasto poi completamento coperto dal grano decedendo per asfissia.

Per tale fatto, veniva tratto a giudizio F.G.F., quale legale rappresentante della predetta società CO.SE.ME. S.r.l.

Condannato in primo grado per omicidio colposo nei confronti del F., il Tribunale ancorava la colpevolezza alla posizione dell'imputato quale garante dell'incolumità fisica dei lavoratori che il datore di lavoro esplica in base all'art. 2087 c.c. nonchè alla omessa valutazione concreta del rischio specifico.
A seguito di gravame dell'imputato, la Corte d'Appello di Bari confermava l'affermazione di colpevolezza.

Ricorre in Cassazione - Respinto

"Quanto alla posizione di garanzia del F. va innanzi tutto sottolineato che, per come accertato in sede di merito, l'ing. Pa. era stato incaricato dell'individuazione dei fattori di rischio e dell'elaborazione delle misure di prevenzione e delle procedure di sicurezza.
Il detto professionista aveva predisposto una relazione nella quale però non era stata esaminata la specificità della mansione svolta dagli operai all'interno dei silos e pertanto aveva omesso ogni valutazione dei rischi collegabili alla stessa.
Orbene, nell'impugnata sentenza è stato precisato che l'ing. Pa. aveva dichiarato di non essere a conoscenza di tale lavorazione: dunque, in assenza di informazioni rilevanti che avrebbero dovuto essere fornite da persone informate, "in primis" il datore di lavoro, l'ing. Pa. non aveva mai fatto riferimento, nella sua relazione, all'operazione di pulizia delle celle granarie.
Di tal che l'omessa previsione, da parte dell'ing. Pa., dei rischi correlati alle operazioni di pulizia all'interno delle celle granarie, è pienamente riconducibile al F. il quale era perfettamente a conoscenza delle caratteristiche del luogo, del tempo e delle più rilevanti circostanze concernenti lo svolgimento del lavoro di pulizia all'interno dei silos, cosi come puntualmente e dettagliatamente posto in evidenza dai giudici di seconda istanza."
"Come correttamente sottolineato dai giudici del merito, l'adozione di una delle misure di prevenzione ipotizzate dai giudici stessi (assistenza nell'operazione di pulizia da parte di un secondo operaio, al fianco del P. oppure affacciato all'imbocco del silo, ovvero l'utilizzazione da parte dell'operaio P. di un congegno di allarme idoneo a segnalare all'esterno una situazione di pericolo o di difficoltà all'interno del silo) avrebbe scongiurato l'evento con elevato grado di credibilità razionale, in quanto avrebbe reso possibile un tempestivo soccorso."


E ancora la Corte afferma che: "l'art. 2087 c.c. ha carattere generale e sussidiario, di integrazione della specifica normativa antinfortunistica, con riferimento all'interesse primario della garanzia della sicurezza del lavoro. Il dovere di sicurezza si realizza o attraverso l'attuazione di misure specifiche imposte tassativamente dalla legge o, in mancanza, con l'adozione dei mezzi idonei a prevenire ed evitare i sinistri, assunti con i sussidi dei dati di comune esperienza, prudenza, diligenza, prevedibilità, in relazione all'attività svolta" .
"Invero, tale articolo da un lato contiene un principio generale, di cui la legislazione in materia di prevenzione e di assicurazione degli infortuni sul lavoro costituisce applicazione specifica, dall'altro ha valore integrativo rispetto a tale legislazione e costituisce norma di chiusura del sistema antinfortunistico.
In altre parole, può dirsi che in tema di infortuni sul lavoro non occorre, per configurare la responsabilità del datore, che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione di quelle misure ed accorgimento imposti all'imprenditore dall'art. 2087 c.c. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore".
"Nè può accendersi alla tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui l'infortunio "de quo" sarebbe riconducibile a caso fortuito a ad una condotta anomala dello stesso lavoratore rimasto vittima dell'incidente, essendo stato enunciato da questa Corte il seguente, condivisibile, principio di diritto: "le prescrizioni poste a tutela del lavoratore sono intese a garantire l'incolumità dello stesso anche nell'ipotesi in cui, per stanchezza, imprudenza, inosservanza di istruzioni, malore od altro, egli si sia venuto a trovare in situazione di particolare pericolo".
Vedi oggi D.Lgs. 81/2008 coordinato con il D.Lgs. 106/2009:
oggi l'art. 18 del D.Lgs. 81/08 prescrive che datore di lavoro e dirigenti debbono fornire al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente “informazioni in merito a: a) la natura dei rischi; b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive; c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; d) i dati di cui al comma 1, lettera r) e quelli relativi alle malattie professionali; e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza”.

Nessun commento:

Posta un commento